di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl
Un tema importantissimo, quello del fisco, per il futuro dei lavoratori, delle famiglie, delle imprese. Attualmente le tasse in Italia sono tra le più alte d’Europa. Un modo per calcolare l’insieme del peso del fisco e stilare una classifica fra gli Stati per valutare il posizionamento dei vari Paesi, che divergono fra loro nelle varie componenti delle tasse – da noi le varie Iva, Imu, Tari, Irpef, Irap, Ires, contributi previdenziali eccetera – è immaginare quando nel calendario cada il “tax freedom day”, ovvero in che giorno dell’anno i guadagni del proprio lavoro, dipendente o autonomo, iniziano a diventare effettivi, al netto di quanto dovuto all’erario. In Italia nel 2022 il tax freedom day è scattato il 7 giugno, con una pressione fiscale complessiva stimata al 43,1%. Il che, naturalmente, vuol dire che quanto ottenuto col proprio lavoro – 157 giorni inclusi i sabati e le domeniche – fino a quella fatidica data è stato speso, per intero, in pagamenti allo Stato e agli Enti Locali. Per informazione, alla vetta europea della classifica sulle tasse ci sono Danimarca e Francia, fra i Paesi più virtuosi, invece, l’Irlanda. Con un’Italia però che differisce rispetto agli altri Stati con tassazioni più alte per un fattore non certo irrilevante: da noi, al contrario di quanto è avvenuto altrove, i salari e gli stipendi non sono cresciuti, tutt’altro. Oltre a questo problema ricorrente, l’anno 2022 è stato segnato anche da aumenti vertiginosi di altre spese: i carburanti, le utenze ed anche i conseguenti rincari di tutto il resto. Il che, considerando oltre alle tasse anche le bollette, farebbe spostare la data della “libertà” dai pagamenti obbligati ben oltre il 7 giugno. Facile comprendere che così si riducono le risorse a disposizione per altre cose, che siano investimenti ed assunzioni per le imprese o consumi per le famiglie. Con un circolo vizioso di mancata crescita, economica ed occupazionale, per tutti. Affrontare la questione per trovare soluzioni ad un problema sempre più pressante per gli italiani resta un elemento fondamentale nell’agenda politica e dovranno necessariamente occuparsene i partiti impegnati in questa campagna elettorale. Il minimo comune denominatore fra le forze politiche di qualunque colore dovrebbe essere l’impossibilità di un ulteriore inasprimento della pressione fiscale, i motivi sono evidenti. Su questo, almeno, dovrebbe esserci uniformità di giudizio. Anche se da certe affermazioni non sembrerebbe: si pensi alla proposta di reintrodurre la tassa di successione “sui più ricchi”, non comprendendo che ormai, in tempo di globalizzazione e nell’ambito di un’Unione europea non equilibrata dal punto di vista della tassazione, chi può permetterselo porta i propri beni altrove, determinando un ulteriore impoverimento del Paese. Le tasse, da noi, al netto di una sacrosanta lotta all’evasione fiscale di chi, potendo, decide di non pagarle, vanno abbassate. A partire da quelle sul lavoro. Questo è l’unico modo per permettere all’Italia di ripartire.