di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale UGL
A lanciare un nuovo monito sugli effetti dell’Intelligenza Artificiale sul mondo del lavoro è stato il Ministero dell’Economia e delle Finanze, secondo il quale, sulla base delle stime offerte dal Fondo Monetario Internazionale, con l’AI il 60% dei lavoratori delle economie avanzate sarebbe a rischio e che per aiutare le imprese, specie le piccole e medie, ad aggiornarsi e cogliere le opportunità, piuttosto che gli svantaggi, derivanti da questa nuova tecnologia, occorrerebbero dei «formatori di intelligenza artificiale». Nell’ambito del lavoro dipendente, in base all’approfondimento del Mef, per almeno un 30% dei lavoratori il rischio concreto è quello di essere sostituiti, almeno parzialmente, dall’intelligenza generativa, anche se non bisogna dimenticare, e lo studio lo ricorda, i possibili effetti benefici sul fronte della produttività per chi sappia utilizzare appieno questo strumento, con, in tal caso, implicazioni positive dal punto di vista professionale. Una moneta a due facce che, di nuovo, come avviene in molti altri campi riguardanti le sfide attuali che il mondo del lavoro deve affrontare, richiama all’esigenza di puntare su un sistema di istruzione, formazione e riqualificazione professionale al passo con i tempi. Discorso simile per le imprese, che devono aggiornarsi per competere efficientemente con la concorrenza internazionale. Una sfida complessa, specie per le aziende di più piccole dimensioni, come dimostrano i dati dell’ultimo report della Commissione Ue sulla digitalizzazione, in base ai quali attualmente solo il 5% delle pmi italiane utilizza l’AI. Bisogna saper affrontare il cambiamento sia dal punto di vista delle politiche occupazionali che da quello delle strategie industriali, attraverso un piano di investimenti di dimensione europea, come richiede lo stesso Mef, per permettere all’Unione di non restare indietro rispetto a Stati Uniti e Cina. Il gigante asiatico, poi, offre ulteriori elementi di riflessione sul tema: come racconta oggi La Stampa, la Cina, pronta a giocare un ruolo importante nel mercato globale dell’IA, recentemente ha approvato delle misure che impongono che l’intelligenza artificiale cinese aderisca ai principi del Partito Comunista e non inciti alla sovversione, in sintesi generando risposte conformi ai dettami del regime. Un tema sul quale si sta interrogando anche il mondo islamico, per una IA coerente con la visione religiosa e sociale musulmana. IA e censura, in sintesi. Un tema fondamentale, che ci ricorda come sia necessario far sì che l’Europa anche in questo campo sia il più possibile autosufficiente, per evitare dipendenze dall’estero pericolose per la nostra sicurezza, e vigilare affinché questo strumento rispetti i principi del pluralismo e della libertà di espressione, per scongiurare derive ideologiche, distorsione delle informazioni, uso di fonti parziali e non attendibili.