di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale UGL

Lo stato del mondo del lavoro italiano è certamente in miglioramento, come dimostrano dati estremamente positivi: a luglio il numero di occupati ha superato la soglia record di 24 milioni di persone con un impiego, con un tasso di occupazione al 62,3%, mentre il tasso di disoccupazione è sceso al 6,5%. Eppure resta significativa, e preoccupante, la questione redditi. C’è una riduzione della povertà tra chi lavora, che scende sotto il 10% per la prima volta dal 2010, ma il reddito disponibile di lavoratori e famiglie è in calo, eroso dall’inflazione. L’Eurostat, nel report «Quadro di valutazione sociale», chiarisce la portata di questa situazione. L’Istituto Europeo di Statistica, prendendo il 2008 come punto di riferimento, quindi pari a 100, ha stimato che il reddito medio delle famiglie italiane nel 2023 è sceso da 94,15 a 93,74, posizionandosi oltre sei punti al di sotto del livello del 2008. In confronto, il resto dell’Europa ha visto una crescita da 110,12 a 110,82 nello stesso periodo. Questo significa che il reddito disponibile reale in Italia è inferiore di oltre 17 punti rispetto alla media europea, evidenziando la difficoltà delle famiglie italiane nel mantenere un adeguato livello di benessere economico. Anche l’Istat fornisce dati a conferma del problema salari e stipendi: negli ultimi dieci anni, infatti, il potere d’acquisto delle retribuzioni dei lavoratori italiani è diminuito di 5 punti, mentre nello stesso lasso di tempo i salari dei nostri colleghi lavoratori tedeschi e francesi sono aumentati di oltre il 30%. Uno squilibrio che pesa sulla qualità della vita dei lavoratori e delle famiglie italiane e che, riducendo i consumi, frena la crescita dell’intero sistema Paese. Per affrontare questo problema alla radice è necessario rafforzare gli strumenti contrattuali per tutelare i lavoratori e migliorare la loro condizione economica. A partire dalla centralità del Ccnl, che deve essere riaffermata, ma anche rilanciando la contrattazione di secondo livello a livello aziendale, in un’ottica di partecipazione, come parte di un «contratto di comunità», che coinvolga anche gli enti locali, al fine di potenziare le tutele e difendere il potere d’acquisto dei salari. Anche attraverso il welfare aziendale, elemento ormai indispensabile per una buona contrattazione. In vista della prossima Manovra finanziaria, è necessario che il governo intervenga con misure adeguate per sostenere i salari, contrastando gli effetti negativi della spirale inflattiva, partendo dal cuneo fiscale, certamente, ma anche sostenendo e supportando la contrattazione. Bisogna recuperare il gap che separa il potere d’acquisto dei lavoratori italiani da quello degli altri europei, per salvaguardare la tenuta economica delle famiglie italiane e garantire la coesione sociale del Paese.