di Mario Bozzi Sentieri
La Commissione Cultura della Camera ha recentemente approvato – su iniziativa dell’on. Alessandro Amorese di Fratelli d’Italia – una mozione in cui si impegna il Governo ad inserire l’Architettura Razionalista italiana tra i beni storico-artistici riconosciuti dall’ordinamento e ad adottare iniziative tese a sostenere e promuovere la tutela e valorizzazione dei beni architettonici di stampo razionalista, nonché volte a includere gli edifici di fondazione del comune di Latina quali sito del patrimonio mondiale Unesco. Dopo decenni di silenzi, di sottovalutazioni (e quindi di incuria) il razionalismo architettonico “all’italiana” trova, a livello istituzionale, un giusto riconoscimento, peraltro confermato dai più aggiornati studi in materia, mentre si avvicina il centenario (2026) della nascita del “Gruppo Sette”, un gruppo di architetti, provenienti dal Politecnico di Milano (costituito da Luigi Figini, Gino Pollini, Guido Frette, Sebastiano Larco, Carlo Enrico Rava, Giuseppe Terragni e Ubaldo Castagnoli) impegnato a promuovere e teorizzare i nuovi principi per l’architettura, legati al Movimento Moderno, legato al Deutscher Werkbund e ai costruttivisti russi, che porterà nel 1930 alla costituzione del MIAR (Movimento Italiano per l’Architettura Razionale), con un articolo-manifesto, pubblicato sulla “Rassegna Italiana”. Alla base “un desiderio di verità, di logica, di ordine, una lucidità che sa di ellenismo … Noi vogliamo esclusivamente, esattamente appartenere al nostro tempo, e la nostra arte vuole essere quella che il nostro tempo richiede. Avervi interamente appartenuto con le sue qualità e i suoi difetti, questo sarà il nostro orgoglio”. Teoria e prassi, elaborazioni intellettuali e realizzazioni: lungo questi due filoni si sviluppa l’azione del “Gruppo 7”. Nel 1928 è organizzata a Roma, la prima Esposizione Italiana di Architettura Razionale. Nel 1931 si tiene, sempre a Roma, presso la Galleria Bardi, la seconda Esposizione. Sono però anche anni segnati da importanti realizzazioni. Nel 1932 il cosiddetto Gruppo Toscano (Pier Niccolò Berardi, Nello Baroni, Italo Gamberini, Sarre Guarnieri, Leonardo Lusanna, Giovanni Michelucci) vince il concorso per la nuova stazione di Firenze, primo esempio, in Italia, di un’opera costruita secondo una logica di funzionalità moderna, bene inserita però nel contesto urbano della città. Terragni, tra il 1932 ed il 1936, realizza la casa del Fascio di Como, dove la facciata è disegnata secondo le proporzioni della sezione aurea e nel contempo forme e strutture moderne si fondono con un impianto volumetrico e un equilibrio dello spazio architettonico classici. Pier Luigi Nervi, tra il 1935 ed il 1941, progetta le aviorimesse in cemento armato di Orbetello, Orvieto e Torre del Lago. Il 30 settembre 1936 viene inaugurato, a Napoli, il nuovo palazzo delle Poste, progettato da Giuseppe Vaccaro e Gino Franzi, opera di elevato contenuto tecnologico (per i materiali utilizzati accanto a marmo e granito, come vetrolux, cemento armato, linoleum) e vero e proprio oggetto di design industriale (dai calamai agli orologi, alle insegne, dai divisori di vetrocemento ai tavoli in marmo rosso). Adalberto Libera è l’ideatore della villa Malaparte a Capri, costruita tra il 1938 ed il 1940. Edmondo Rossoni, sindacalista nazional-rivoluzionario e membro del Gran Consiglio del fascismo, e l’ingegnere Carlo Frighi progettano e realizzano, nella prima metà degli Anni Trenta, la cosiddetta “Città Metafisica” di Tresigallo, a metà strada tra Ferrara e le Valli di Comacchio, una vera e propria città utopica retta da una ideale geometria architettonica che riflette l’armonia dei rapporti sociali. Da queste sommarie indicazioni, vera e propria punta d’iceberg, di una presenza diffusa, lungo tutta l’Italia, del movimento per l’Architettura Razionale, appare bene evidente l’importanza modernizzatrice di quell’esperienza, l’altissimo livello dei suoi protagonisti ed il loro rapporto con la committenza pubblica dell’epoca (tra Case del fascio, Poste, chiese, palazzi di giustizia, colonie marine e montane). Come efficacemente specificato nella Risoluzione approvata dalla Commissione della Camera: “L’Architettura Razionalista Italiana rappresenta uno dei punti più alti della nostra architettura e dell’urbanistica del secolo scorso ed è considerata a livello internazionale una delle massime espressioni del Razionalismo mondiale. Parliamo di una ‘nuova architettura’ che si rifà alla logica e alla razionalità, ma al contempo ha un collegamento importante con la storia della nostra Nazione”. Da qui la necessità di sviluppare organiche iniziative finalizzate a realizzare una duplice azione: intanto quella conservativa (al fine di salvaguardare e recuperare l’esistente) per poi valorizzarne appieno la memoria, attraverso una sistematica promozione sui territori interessati. Da questo punto di vista si potrebbero ipotizzare dei veri e propri itinerari della memoria modernista – ci si passi l’apparente ossimoro – in grado di focalizzare l’attenzione rispetto a quella importante stagione della nostra storia architettonica (nel 2028 sarà il centenario della prima Esposizione Italiana di Architettura Razionale), attraverso mostre, ricerche sul campo, conferenze, pubblicazioni. Un po’ come accadrà su Latina, per la quale sono già state finanziate numerose iniziative finalizzate a diffondere la “cultura architettonica italiana del XX secolo, con particolare riguardo all’architettura razionalista” fino ad istituire il Festival delle Città del Novecento. Memoria, valorizzazione culturale, ma non solo: partendo dalla “riscoperta” del razionalismo si potrebbe anche ritrovare il senso di un’idea di progettazione e di attenzione verso l’abitare di qualità, propria dell’Architettura Razionalista, che nel corso dei decenni si è andata perdendo, per lasciare il campo all’antiestetica dei quartieri dormitorio e al trionfo della speculazione edilizia. Della bellezza oggi c’è un grande bisogno e di un ordine estetico, in grado di offrire esempi positivi e ricostruttivi, capaci di raccordarsi con la migliore classicità, una classicità intesa – usiamo le parole di Ignazio Gardella, uno dei maestri del razionalismo – “ non come riferimento mimetico a un determinato periodo storico, rinascimentale o altro”, ma come segno di una nuova chiarezza narrativa, di ottimismo, di energia positiva, di forza evocativa, di sperimentazione e partecipazione. Proprio come fu l’Architettura Razionale all’italiana.