di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale UGL
In attesa dell’esito delle presidenziali statunitensi, ritorna più insistentemente sui media la parola “populismo”. Termine con il quale rappresentanti e sostenitori di uno schieramento politico e di un modello più economico che sociale, che va dal liberismo al riformismo, si trincerano per demonizzare gli avversari e nascondere con una cortina fumogena (i loro) decennali errori.
Anche il lancio del fango che gli spagnoli, travolti dall’alluvione a Valencia, abbandonati a loro stessi più e più volte sia per l’assenza di allerte tempestive sia per la mancanza e l’insufficienza di soccorsi e aiuti economici, nonché di visibile solidarietà da parte delle istituzioni locali e nazionali, è stato letto e interpretato, alla luce dell’aggressione al premier socialista Pedro Sanchez, come una messa in scena orchestrata dai movimenti di «estrema destra», tra i quali l’associazione “Revuelta” e il sindacato “Vox-Solidariedad”, che ha promesso assistenza legale – riporto dai quotidiani italiani – a coloro che saranno identificati, multati, arrestati per aver partecipato ai tumulti che hanno coinvolto anche il governatore di Valencia, Re Felipe e consorte.
L’impressione è che, come per i Gilet Gialli in Francia, si stia tentando anche per la Spagna di negare la realtà. Ogni giorno i popoli in Europa e, in generale, in Occidente sono costretti a misurarsi con sempre maggiori difficoltà. Gli eventi climatici, sempre più violenti, ne sono parte in causa e, com’è ovvio, richiedono più Stato, quindi più spesa pubblica, non meno Stato.
Sia chiaro: sono inaccettabili lanci di fango, pugni, calci, sprangate. Ma altrettanto inaccettabile è per chi ha perso tutto – la propria casa, il proprio lavoro e i propri cari – vedere arrivare segnali concreti o simbolici di solidarietà dopo cinque giorni dall’avvenuta calamità e, soprattutto, accorgersi che, in simili disastrosi frangenti, uno Stato, per giunta europeo, è assente o inadeguato.
Se nella patria del liberismo sfrenato, gli Usa, il ceto medio è diventato più ricco ma più esiguo (negli anni ’60 sei americani su dieci erano rappresentanti della classe media, nel 2021 la percentuale è scesa al 50% – Rapporto 2022 Pew Research Center), altrettanto, se non peggio, si può dire del ceto medio europeo e, in particolare italiano, dopo decenni di austerity, ai quali oggi tocca porre rimedio con manovre economiche sempre più complesse, sempre sull’orlo dello squilibrio, quando intendono dare risposte sociali. Allora, cosa rimarrà del ceto medio europeo dopo l’avvento del Green Deal, senza le opportune e necessarie correzioni?
Non sono i populismi, ma i governi che, come in Francia e in Spagna, “stanno in piedi” con esigue e traballanti maggioranze, fondati su pericolosi modelli politici-economici, ad aprire autostrade al malcontento.