di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale UGL

Un articolo del Corriere della Sera di oggi, a firma Rita Querzè, analizza l’impatto dell’intelligenza artificiale sul lavoro, un tema che deve restare al centro dell’attenzione, data l’importanza sempre maggiore di questa tecnologia nel mondo produttivo, condizionando quantità e qualità dell’occupazione. In base a quanto emerge dall’articolo, alcune professioni attualmente sono “al riparo” dall’AI: quelle che richiedono un’interazione umana diretta, relazioni di fiducia o competenze manuali non replicabili dalle macchine, insomma, quelle per le quali non è possibile una sostituzione dell’essere umano con un computer. I mestieri legati al sociale, in ambito educativo, assistenziale e sanitario, oppure quelli per i quali è richiesta una specifica manualità, dalla chirurgia al settore commercio e servizi, come idraulici, parrucchieri o cuochi, ma anche quelli relativi alla sicurezza, come forze dell’ordine e vigili del fuoco. In questi campi, più che dalla digitalizzazione, il futuro potrebbe essere rappresentato dalla robotizzazione, con la presenza di automi veri e propri a compiere determinate mansioni, specie dove è richiesta estrema precisione e ripetitività o negli ambiti pericolosi per gli esseri umani, ma questa prospettiva sembra tecnologicamente ed economicamente ancora lontana. Per quanto riguarda l’AI, invece, negli ultimi anni si sono fatti passi da gigante e già oggi molte occupazioni possono essere, se non svolte, almeno coadiuvate dall’intelligenza artificiale, nella redazione di testi e nell’inserimento e gestione dei dati, o anche nel management aziendale e nell’ambito del credito e della finanza, in questo caso automatizzando processi come quelli della valutazione sinistri, approvazione prestiti e rilevazione frodi, infine nell’ambito del marketing, della comunicazione ed anche della grafica. Allo stesso tempo il Corriere stila una classifica anche di nuove competenze, nate a seguito della diffusione di questa tecnologia e che prima non esistevano: figure professionali essenzialmente nel settore dell’informatica, incentrate sulla gestione dell’AI. Professioni non solo molto richieste, ma anche importanti per governare questa tecnologia ed evitarne conseguenze improprie, come quella letta recentemente sulle cronache, con un giovane americano “minacciato” dall’AI. In sintesi, l’AI richiede un processo di gestione e adattamento, rappresentando da un lato un pericolo, ma dall’altro un modo per semplificare e migliorare alcuni processi produttivi, dando vita anche a nuove professioni. Favorire la formazione ad ogni livello per comprendere come utilizzarla bene sarà cruciale per trasformare, anche dal punto di vista del mondo del lavoro, questa tecnologia, a volte allarmante, da pericolo in un’opportunità positiva di crescita non solo economica, ma anche occupazionale e sociale.