Il caos americano dopo il ritiro di Joe Biden e lo stato delle democrazie occidentali
di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale UGL
Alla fine la decisione tanto attesa e tanto caldeggiata, soprattutto da parte degli stessi democratici, è arrivata. Joe Biden, presidente in carica degli Stati Uniti d’America, ha annunciato il suo ritiro dalla corsa per ottenere il secondo mandato alla Casa Bianca. Al suo posto, con tutta probabilità, la sua vice, Kamala Harris, in attesa di un’investitura formale dal suo partito, che potrebbe arrivare già mercoledì, se non si faranno avanti dei rivali, mentre, in caso contrario, bisognerebbe aspettare la Convention Dem di agosto. Se la Harris fosse confermata e venisse eletta, tra l’altro, diventerebbe la prima presidente degli Usa donna e di colore. Comunque vadano le cose, che sia o meno la Harris a rivaleggiare con Trump, con il Tycoon al momento in testa ai sondaggi, e chiunque dei due vinca, quanto accaduto negli Usa non può che destare preoccupazione sullo stato di salute della più grande democrazia occidentale e nazione leader dell’alleanza atlantica. Specie in un momento come quello attuale, con un confronto sempre più teso con la Russia, la guerra ancora in corso in Ucraina, il caos in Medio Oriente, i rapporti economici e politici con la potenza cinese. Possibile che, dopo i quattro anni già trascorsi e poi durante il lungo processo delle primarie che hanno eletto Biden a candidato, nessuno all’interno del Partito Democratico americano si sia accorto del fatto che il Presidente non fosse nelle condizioni di ripresentarsi nonostante le tante ed evidenti avvisaglie? Possibile che non si potessero scegliere da subito altri nomi, come quello della stessa Harris, portando avanti in modo tradizionale la procedura di nomina del candidato alla Casa Bianca? Ed ora gli Usa si trovano nella difficile condizione di dover essere guidati fino alle elezioni presidenziali, ovvero fino al 5 novembre, o meglio fino all’insediamento del nuovo Capo di Stato, che sarà il 20 gennaio 2025, con l’Inauguration Day, da un presidente, di fatto, dichiarato inadatto a ricoprire il proprio ruolo. Dimostrando, nei rapporti internazionali con le altre potenze, una debolezza di cui l’Occidente non ha assolutamente bisogno. Se Biden non deciderà, a questo punto, di fare subito un passo indietro, sei lunghi mesi ci separano dal momento in cui gli Usa avranno di nuovo una guida autorevole. Con l’auspicio che la campagna elettorale americana prosegua in modo ordinato e non si verifichino altri colpi di scena, come quelli accaduti recentemente, tra l’attentato a Trump ed il ritiro di Biden.
In Europa
Se gli Usa stanno affrontando delle elezioni presidenziali particolarmente complesse, in Europa non si può dire che le cose vadano molto meglio. La scelta di riproporre un’alleanza politica non sorretta dal consenso popolare per la guida dell’Europa, con i popolari, moderati di destra, vincenti alle elezioni, alleati con gli sconfitti di sinistra, in particolare con i verdi, le cui politiche sono state oggetto di molte contestazioni, potrebbe indebolire ulteriormente l’asse occidentale, mentre occorrerebbe un’Europa finalmente forte e coesa.